Vari studi rivelano che bambini con sei anni d'età hanno già la capacità di riconoscere la differenza tra quello che una persona dice di provare e quello che prova davvero. Loro sanno già che un sì può essere un no, che un sorriso può essere falso o che quando gli dicono che va tutto bene, in realtà non è così. Certamente, alcuni bambini sono già capaci di capire questa dissonanza molto prima. Non importa l'età con cui impariamo a riconoscere le discrepanze tra i mondi privati e pubblici delle persone; il punto è che loro esistono; saper riconoscerli è la base che ci serve per sviluppare amore nei loro confronti.
Grazie a tutto quello che abbiamo ereditato dell'epoca vittoriana, molti di noi sono stati educati da persone che non esprimevano i loro sentimenti. In questo ambiente, essere emotivo, sentire qualcosa in più, era considerato un segno di vulnerabilità e debolezza. Impariamo che essere superiore alle emozioni è il modo giusto di diventare adulti, il che è sbagliato. Tuttavia, c'è una grande differenza tra il sentire le emozioni per sapere come e dove indirizzarle e l'abilità di reprimerle in modo che non graffino la superficie, turbandoci!
Forse molti hanno sentito la frase 'reprimi quel pianto quando erano piccoli. Saper smettere di piangere è ben diverso da reprimere il pianto! Un conto è imparare a controllarsi; un altro è soffocare il dolore in modo da non sentirlo.
La questione che voglio rialzare non è solamente d'ambito comportamentale, ma di sfogo e contatto interno. Mi riferisco all'importanza di aumentare la capacità di avere empatia per noi stessi come metodo efficace di accoglierci, principalmente, in momenti di profonda solitudine, abbandono o risentimento. È quando ci troviamo davanti ad un profondo dolore emotivo che mettiamo alla prova la nostra capacità di aiutare a noi stessi e chiedere aiuto. Peraltro, chiedere aiuto è un modo di auto-aiutarsi perché, stranamente, l'aiuto dell'altro è più efficace nel senso che ci aiuta a sviluppare l'idea che siamo capaci di aiutare a noi stessi.
'Tornando al punto principale: se cresciamo come persone che dimostrano poco quello se sentono, formiamo un'immagine deformata della realtà. Voglio dire: se l'altro non si fa vedere per quello che è, nemmeno io sono visto come mi immagino di essere. Capisci? Quando lo specchio in cui ci guardiamo è chiaro e non è deformato, vediamo la nostra vera natura. ''Se ci guardiamo in uno specchio che è fessurato, vediamo un'immagine confusa e abbiamo difficoltà a capire i nostri propri sentimenti'', spiega Arthur Ciaramicoli nel suo libro 'Il potere dell'empatia'. Se non ci sentiamo amati e se i nostri sentimenti continuano ad'essere ignorati non avremo modo di calmarci. Come non impariamo a prendere cura di noi stessi consideriamo difficile prendere cura di persone che siano ferite o amareggiate. Riflettiamo la negligenza e la disattenzione che riceviamo, e la nostra attenzione si concentra nelle nostre necessità e nei nostri desideri non realizzati. Finché ci sentiamo carenti avremo difficoltà per capire le necessità e i desideri altrui. Tutti perdono con questo. Fino a quando non ci sentiamo visti, abbiamo difficoltà nell'osservare gli altri.
Come capovolgere la situazione? Come recuperare l'empatia per noi stessi come forma di migliorare il nostro amore per gli altri?
Siamo, per natura, esseri empatici. Alcuni di più, altri di meno. Questa capacità dipende tanto della nostra genetica come delle esperienze apprese nella prima infanzia, ma può essere sviluppata durante tutta la vita se esercitata consapevolmente. Possiamo imparare a essere empatici.
La parola empatia è originaria dal termine greco empátheia, che significa entrare nel sentimento. Quindi, la prima condizione necessaria per essere empatici è quella di essere ricettivi agli altri e contemporaneamente alla nostra integrità interiore. Questo significa che siamo pronti a conoscere tanto gli altri come a noi stessi. L'empatia ci aiuta a sfuggire dai modelli rigidi e ripetitivi.
La parola empatia è molte volte utilizzata come sinonimo di compassione. Tuttavia, così come avere pietà indica solo la possibilità di creare una connessione compassionevole, l'empatia è la prima connessione emotiva che porterà alla compassione. Con empatia siamo capaci di sentire quello che sente l'altro. Possiamo addirittura metterci al suo posto, ma questo non vuol dire che siamo preparati per fare qualcosa che lo liberi dalla sofferenza. Quando l'empatia si sviluppa fino al punto di trasformarsi nel sentimento autentico di voler aiutare l'altro a liberarsi dalla sofferenza, si tramuta in compassione. Se non espandiamo l'amore, potremo soffrire e ammalarci per pura empatia.
Lama Michel Rinpoche aggiunge: questo succede quando non abbiamo sviluppato una stabilità interiore basata sulla saggezza. Arriverà il momento in cui non ci lasceremo più sbilanciare dalle situazioni esterne. Se succede una cosa buona, esulteremo, ci sentiremo felici, ma non euforici. Se succede una cosa brutta, ok, affronteremo anche questo. Preferiremmo che niente di bruto fosse successo, ma non è per questo che perderemo la stabilità interiore. Per arrivare a questo punto, dovremo ridurre sempre di più questa oscillazione tra gli aspetti buoni e cattivi e lasciarci influenzare meno dalle situazioni esterne.
Bel Cesar é psicóloga, pratica a psicoterapia sob a perspectiva do Budismo Tibetano desde 1990. Dedica-se ao tratamento do estresse traumático com os métodos de S.E.® - Somatic Experiencing (Experiência Somática) e de EMDR (Dessensibilização e Reprocessamento através de Movimentos Oculares). Desde 1991, dedica-se ao acompanhamento daqueles que enfrentam a morte. É também autora dos livros `Viagem Interior ao Tibete´ e `Morrer não se improvisa´, `O livro das Emoções´, `Mania de Sofrer´, `O sutil desequilíbrio do estresse´ em parceria com o psiquiatra Dr. Sergio Klepacz e `O Grande Amor - um objetivo de vida´ em parceria com Lama Michel Rinpoche. Todos editados pela Editora Gaia. Email: [email protected] Visite o Site do Autor