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Quando non c’è niente da fare, riposare è il miglior rimedio

Quando non c’è niente da fare, riposare è il miglior rimedio
Publicado dia 1/30/2006 12:02:10 PM em STUM WORLD

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Traduzione di Isabela Bisconcini - [email protected]

La prima volta che ho sentito Lama Gangchen dire questa frase, stavamo affrontando una situazione apparentemente “senza scampo”. Lui, con calma, disse: “Non saper cosa fare, è come essere perso, di notte, in una selva oscura. È meglio, allora, trovarsi un posto sicuro sopra un albero e dormire fino all’alba. Quando non c’è più niente da fare, bisogna riposare, senza dimenticarsi che il sole rinasce sempre, tutti i giorni”.

Ci sono momenti in cui dobbiamo arrenderci dinanzi alle nostre aspettative e desideri, perché intuitivamente sappiamo che siamo impossibilitati di valutare correttamente qualsiasi cosa possa accadere.

Quando siamo davanti a situazioni in cui non siamo in grado di prevedere il nostro prossimo passo, dobbiamo finalmente imparare a dire: “Adesso non so cosa fare”. Paradossalmente, è soltanto quando riconosciamo di non sapere, che cominciamo ad aprirci ad un’attitudine veramente nuova. Ammettere il non sapere è il primo passo per poter sentire un gran sollievo.

Marcia Mattos, nel suo Il Libro delle Attitudini Astrologicamente Corrette scrive con chiarezza circa la necessità di adottare un comportamento di autentico distacco: “Sappiamo che, in certe situazioni, forze così poderose sono in gioco, che possiamo solo arrenderci ad esse, e questa soggezione - o contrarietà ai propositi dell’Io - è che può sembrarci terrificante. Il meglio da farsi davanti a tale realtà è convergere, comunicare; mai combatterla. Sapere di fare parte del “Grande Tutto” e non rinunciare a questa condizione, operare secondo questo concetto, pulsando con esso cosi come un feto dentro al grande ventre cosmico, mi sembra la miglior cosa da fare. Anziché sconfitti, dobbiamo sentirci compresi”.

Quando la vita perde la fluidità non serve a niente stringere i tempi. Sarebbe come accelerare una canzone senza ritmo. Fermarci, in questi momenti, non significa perdere tempo, ma agire nel modo più efficace per osservare meglio la natura della situazione, senza l’influenza della nostra ansietà.
Soltanto quando lasciamo di nutrire la nostra ansietà, cominciamo a liberarci.

Per allontanarmi dall’ansietà, cerco di vagare: vado “a spasso” con la mente e/o il corpo!

Prima faccio qualcosa che mi permetta di lasciar vagare i pensieri senza un destino fisso: lascio la mia mente in questa specie di vertigine, perché so che non serve a niente esaminare i miei pensieri quando sono inquieta. Man mano mi tranquillizzo, mi rendo conto di come ero contaminata dall’ansietà interna. Quasi non mi accorgevo più di quello che mi stava attorno!

Per riprendere la percezione del mondo esterno ascolto una canzone, assisto al telegiornale, ad un film, o mi faccio un bagno aromatico... ma cerco di fare qualcosa che non mi richieda né sforzo, né concentrazione; cioè, qualcosa che possa essere tanto semplice quanto la mia mente possa assimilare in quel momento. Così mi svuoto e sento gradualmente che l’ansietà diminuisce. In questo istante alle volte sento che tocco sottilmente il confine tra calma e melanconia. Allora, mi rendo conto che è l’ora di fermare la contemplazione e tornare all’azione. Altre volte, approfitto della calma conquistata per meditare.

Davanti all’ansietà possiamo solo rilassare, ma nella presenza della calma possiamo approfittare per meditare! Senza dubbio, questo è già un gran passo: quando riprendiamo le redini del nostro mondo interno, siamo in grado di scegliere dove vogliamo andare. Nel frattempo, nei momenti in cui la nostra mente non sa dove andare, bisogna saper continuare ad essere e, se riusciamo a seguire i consigli di Lama Gangchen, possiamo finalmente abbandonarci e approfittare per rilassare!

por Bel Cesar

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Sobre o autor
bel
Bel Cesar é psicóloga, pratica a psicoterapia sob a perspectiva do Budismo Tibetano desde 1990. Dedica-se ao tratamento do estresse traumático com os métodos de S.E.® - Somatic Experiencing (Experiência Somática) e de EMDR (Dessensibilização e Reprocessamento através de Movimentos Oculares). Desde 1991, dedica-se ao acompanhamento daqueles que enfrentam a morte. É também autora dos livros `Viagem Interior ao Tibete´ e `Morrer não se improvisa´, `O livro das Emoções´, `Mania de Sofrer´, `O sutil desequilíbrio do estresse´ em parceria com o psiquiatra Dr. Sergio Klepacz e `O Grande Amor - um objetivo de vida´ em parceria com Lama Michel Rinpoche. Todos editados pela Editora Gaia.
Email: [email protected]
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